Il mio è un pellegrinaggio, senza meta né durata. Un viaggio radicato sempre più nella natura e nel paesaggio. Ma questo paesaggio, con il tempo, è diventato qualcosa d’altro. Ho cambiato il mio punto di vista di uomo poggiato con i piedi in terra e ho preso il volo. Da quassù, ora, non vedo più alberi, fiumi, colline, vigneti, laghi ma serpentine di azzurri oltremare, rettangoli e quadrati giallo ocra e verde cinabro, distese di bianchi puri o incarnati dal calar del sole. Non vedo più paesaggi, ma mappe. Punti, linee, forme geometriche o frastagliate nate dal caos, dall’attrito degli elementi; colori fluorescenti, spenti o nebbiosi. Bianche linee che “camminano” e che appaiono e che poi lentamente scompaiono su immense distese blu e verdi smeraldo, più o meno profonde. I passi degli uomini che sul terreno si trasformano in minuscoli puntini in fila uno dopo l’altro, si intrecciano tra loro e mi raccontano di piccoli e grandi viaggi. Quante speranze sono racchiuse in ognuno di quei puntini?
Spostarsi, ecco il segreto per veder meglio le cose.
Spostarsi, ecco il segreto per veder meglio le cose.